Ghirelli: «Il calcio italiano è ancorato al passato. O si cambia o entro 10 anni sarà uno sport per anziani»
Il Corriere della Sera intervista l’ex presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli. Ha rassegnato le dimissioni il 22 dicembre: è la sua prima intervista da allora.
Ghirelli parla della crisi del calcio italiano.
«Siamo stati il campionato più bello del mondo, condizionato da un tarlo: si reggeva sulle plusvalenze. Non abbiamo voluto cambiare, né riformare, così i nodi sono venuti al pettine. E abbiamo chiuso gli occhi. Ogni stagione perdiamo un miliardo e 300 milioni di euro, la Nazionale non è andata agli ultimi due Mondiali, i giovani calciatori sono sempre meno, le strutture sportive carenti, gli stadi obsoleti. Devo continuare?».
Ghirelli continua:
«Ho dovuto fare “il matto” per convincere che bisognava muoversi per attenuare gli effetti negativi. Sui diritti tv, i club top in Italia prendono un terzo in meno degli ultimi della Premier League. Ora c’è una trattativa privata per i prossimi anni, mentre i migliori giocatori se ne vanno. Il tutto mentre le tv a pagamento hanno scoperto gli altri sport. Il tennis oggi ha più canali del calcio. E bisogna chiedersi il perché».
Il calcio, dice Ghirelli, è ancorato al passato e agli incassi.
«Il tennis sta rubando l’emozione al calcio. C’è più competizione, il risultato non è quasi mai scontato e sono esplosi nuovi personaggi. Nel calcio siamo ancorati al passato: se proponi i playoff o una nuova formula per la Coppa Italia ti guardano come un alieno. Tutto è finalizzato agli incassi. Come intervenire? Guardando in faccia la realtà. L’attenzione di un giovane a un evento è stimata in 4 secondi di fila, i ragazzi preferiscono gli highlights sul telefonino. Le partite di calcio sono lontane anni luce dai loro interessi. Siamo obsoleti. Bisogna stare al passo con i tempi. Questo significa essere catastrofisti o lucidi riformatori?».
Sull’Arabia Saudita e l’irruzione nel mercato:
«Comprano i giocatori più bravi, costruiscono stadi efficienti e confortevoli, investono. Fanno quello che facevano gli imprenditori europei e italiani sino a qualche anno fa. Ora leggo solo critiche verso questa nuova realtà. Invece, potremmo governare la transizione se usassimo curiosità e guardassimo avanti. Ma per farlo dobbiamo abbandonare toni di superiorità e visioni retrograde».
Qual è il futuro del calcio? Ghirelli:
«O lo cambiamo o entro dieci anni la sua sorte sarà segnata e diventerà sport residuale, per anziani. Svelo un piccolo segreto: il giorno dopo Italia-Macedonia andai da Gravina e gli dissi che non ero venuto a parlare della eliminazione dal Mondiale, ma del fatto che entro tre mesi occorresse produrre un progetto concreto di sviluppo del calcio giovanile in Italia. Mirato a potenziare le infrastrutture e i centri sportivi, rifare gli stadi, lavorare sulla formazione, coinvolgendo università e scuole, eliminando le leggi capestro che favorivano gli affari per chi voleva far giocare giovani stranieri».
Sulla candidatura congiunta dell’Italia con la Turchia ad Euro 2032:
«Diciamo la verità. Il dossier per la candidatura agli Europei di calcio era a rischio, molto a rischio. La causa è la incapacità ad innovare gli stadi, siamo rimasto l’ultimo Paese in materia e non si vede come fare. Il tempo dell’eccellenza è finito, quello che “mi rode dentro” è il percepire che ci sia quasi l’accettazione dello status attuale».