di Mimmo Famularo Giornalista
Criticato, contestato, persino insultato e diffamato. Pippo Caffo si sta prendendo la rivincita su tutti i suoi detrattori e lo sta facendo con eleganza, trincerandosi nel silenzio e facendo parlare il campo. Un paio di mesi fa, in un faccia a faccia con l’ex allenatore della Vibonese Antonio Buscè, aveva manifestato l’intenzione di andare avanti inaugurando un nuovo modello: vincere ma in modo sostenibile, senza spese pazze e con una politica sportiva oculata.
Prese ad esempio quanto stava avvenendo a Sant’Agata di Militello, una piccola cittadina in provincia di Messina la cui squadra di calcio con un budget irrisorio è cresciuta di anno in anno ad altezza playoff. Un’idea che fece passare Caffo per un imprenditore avaro malgrado sia (insieme all’ex dg Beccaria) l’unico dirigente della storia rossoblù ad aver vinto un campionato di Serie D e ad aver trascinato la Vibonese fino alla terza serie a suon di milioni di euro. Quel progetto venne interpretato (anche da alcuni addetti ai lavori poco lungimiranti) come un ridimensionamento ma l’occhio del presidente guardava ai modelli più virtuosi del calcio moderno. In realtà il “modello Sant’Agata” è simile a quello del Picerno in C o della Juve Stabia oggi in B, ovvero società medio-piccole che per competere con le grandi hanno bisogno di puntare soprattutto sulle competenze dei dirigenti e sulle idee dei loro allenatori.
Caffo ha quindi scommesso su Ettore Meli come direttore sportivo e Michele Facciolo come tecnico, guarda caso presi proprio dal Sant’Agata. Quel modello è diventato oggi il modello Vibonese, disconnettendo i leoni da tastiera e facendo volare via i gufi. Oggi la Vibonese è da sola prima in classifica, gioca il miglior calcio del girone, vince e convince con un budget di gran lunga inferiore rispetto a Siracusa, Scafatese, Reggina ma anche Pompei, Nissa, Ragusa e Licata.
Se non è un miracolo sportivo poco ci manca ma nel calcio nulla accade per caso e adesso la Vibonese ha due delle tre componenti necessarie per sognare fino in fondo: una società solida e una squadra competitiva. Manca l’ultimo tassello: la tifoseria. Gli alibi adesso stanno a zero e riempire lo stadio “Luigi Razza” è il minimo sindacale dopo le pretestuose polemiche di queste settimane montate ad arte da una sparuta parte di una tifoseria mossa da altri interessi e non certamente dalla passione.
Il presidente Caffo non arretri di un millimetro vada avanti lungo questa strada, insista nel praticare questo percorso virtuoso senza spese folli ma anche senza altre rivoluzioni con la semplice forza delle idee e delle competenze. Sulla via che porta alla Serie C si convertiranno tanti altri cuori rossoblù e la storia riporterà ognuno al proprio posto: il re sul proprio trono, i pagliacci nel proprio circo, i tifosi (quelli veri) sugli spalti del “Luigi Razza”.