Nell’indagine condotta da Scuola Genitori Sportivi , è emerso che su 375 addetti ai lavori nel calcio giovanile e dilettantistico (allenatori, dirigenti e responsabili), il 92% ha assistito a episodi di violenza verbale nei confronti degli arbitri. Questa indagine evidenzia le problematiche inerenti al mondo arbitrale nel calcio giovanile e dilettantistico, rispecchiando in un certo senso anche i problemi arbitrali nel “calcio dei grandi”. Nell’ultimo anno l’arbitraggio nel calcio professionistico è diventato sempre più contestato, relativamente ad alcuni episodi accaduti dall’inizio della stagione. Se tra i professionisti, nella maggior parte dei casi, la violenza contro i direttori di gara si limita a un aspetto verbale, tra i dilettanti e tra i giovani non è così. Infatti, il 29,9% degli addetti ai lavori ha assistito a casi di violenza fisica nei confronti dei fischietti. Vediamo allora cosa ne pensano i diretti protagonisti, che hanno risposto a svariate domande su questa tanto delicata quanto discussa questione.
PREPARAZIONE CORRETTA?
Nonostante si possa pensare che essendo stati interrogati allenatori, dirigenti e responsabili – quindi a prescindere quasi sempre contro gli arbitri – le percentuali riguardanti la preparazione dei direttori di gara non sono così eclatanti: il 54,1% dice che sono mediamente impreparati e il 37,6% dice che sono mediamente preparati. Quindi quali sono le problematiche riguardanti la preparazione? Carenze mentali-psicologiche (41,2%), carenze tecniche-regolamentari (36,1%) e carenze fisiche-atletiche. Come soluzione a queste carenze, le proposte degli addetti all’Aia sono principalmente quattro. La maggioranza ha votato per un maggiore tutorato e monitoraggio, per quanto riguarda i fischietti alla primissime armi. Un’altra proposta emersa è quella di migliorare la qualità dei corsi per diventare arbitri con una maggiore selezione, in quanto vengono promossi tutti per fare numero. Un grandissimo problema è sicuramente questo, ma ciò costituisce un circolo vizioso da cui è davvero complicato divincolarsi. I ragazzi che si iscrivono ai corsi sono pochi e il 50% di essi dopo un anno molla l’arbitraggio, vittime di violenza da parte di componenti delle società o genitori durante e dopo le partite. Vista la scarsa partecipazione, viene utilizzato il metodo dell’auto-arbitraggio per l’attività di base, che secondo il 57,8% viene spesso rovinato dagli adulti stessi e per il 19,9% è del tutto inutile. La soluzione prevista dall’Aia allora qual’è? Promuoviamo chiunque senza fare selezione. Indagando sulle origini del problema, si viene a scoprire che sono proprio le persone che si lamentano ad essere i primi a fare di tutto pur di non agevolare gli arbitri alle prime armi, recapitando insulti e non solo. L’istruzione deve partire dagli addetti al lavoro, che devono dare indicazioni chiare sulla necessità di rispettare gli arbitri e le loro decisioni (il 59,4% lo fa a voce, mentre il 23,5% lo fa anche per iscritto).
GIOVANISSIMI E FISCHIETTI ROSA
Secondo il 60,5% degli intervistati l’età minima per diventare arbitri – 14 anni – è troppo presto. Questo dato costituisce un vero e proprio paradosso, in quanto si vuole un maggior numero di arbitri, ma allo stesso tempo si ritiene che a 14 anni i ragazzi o le ragazze siano troppo piccoli. A proposito di ragazze, o meglio donne, il 71,4% dei votanti pensa che non ci siano grandi differenze con i maschi, mentre il 21,4% incentiva le quote rosa e ne vorrebbe un maggior numero.
SANZIONI E RESPONSABILITÀ
Gli atteggiamenti “negativi” riscontrati nei confronti dei direttori di gara sono soprattutto indecisione (68%), paura (41,9%) e presunzione (33,6%). Tutti atteggiamenti che a pensarci possono essere la diretta conseguenza di una ripetuta violenza psicologica, che in alcuni casi è sfociata anche in violenza fisica. Nei dati raccolti dalla Scuola Genitori Sportivi, il 49,3% dei partecipanti pensa che una maggiore e migliore preparazione degli arbitri farebbe diminuire i casi di violenza nel calcio giovanile e dilettantistico. Il 28% pensa il contrario. Da un lato una fazione (in maggioranza), che ritiene che con una preparazione migliore diminuirebbero i casi di violenza. Dall’altro una fazione che ritiene che ci sarebbero comunque casi di violenza, cosa nettamente peggiore. Significherebbe che nonostante una buona preparazione, ci sarebbe a prescindere un accanimento nei confronti degli arbitri. Inoltre, il 78,1% degli operatori pensa che le sanzioni contro chi è responsabile di violenza vadano inasprite. Il che è sempre in netta controtendenza rispetto ai dati sopracitati. Infine, il 91,1% crede che le proteste dei tecnici e dei giocatori contro l’arbitro, portino nel concreto a peggiorare la situazione, con più caos ed errori. Quindi perché perseverare in questo?
ALCUNI CASI
L’indagine chiedeva anche di raccontare alcuni casi a cui si è assistito. Un arbitro assalito dai ragazzi mentre i genitori lo insultavano anzi che difenderlo. Tifoserie di genitori che aspettano un giovane arbitro fuori dal campo di gioco. La madre di un arbitro che piange in tribuna per gli insulti rivolti al figlio. Un dirigente ubriaco che colpisce un arbitro. Un arbitro donna colpita da epiteti sessisti. Questi sono solo alcuni dei casi di violenza – verbale e psicologica – recapitati ai direttori di gara ogni weekend. Il problema è grande, molto più di quanto si possa pensare, e per provare a risolverlo serve un piano ben strutturato, che parta dall’educazione nelle scuole calcio.